Classicità viennese
La vicenda di Coriolano, narrata da Plutarco nelle Vite parallele, aveva già ispirato, fra le altre, l’omonima tragedia di Shakespeare, autore carissimo a Beethoven. Nonostante il relativo successo goduto al suo apparire dalla tragedia del suo amico Heinrich Joseph Edler von Collin, fu subito chiaro che la creazione di Beethoven era infinitamente superiore al dramma che pure l’aveva ispirata: E. T. A. Hoffmann, in un’entusiastica recensione del 1812, sottolineò in particolare la grandezza dimostrata da Beethoven nel riuscire a innalzare “una costruzione di grande arte con elementi estremamente semplici”.
Una serata davvero singolare fu quella che si diede il 17 dicembre 1865 a Vienna: gli Amici della Musica diedero, infatti, un programma, diretto da Johann Herbeck, dove figurò come “novità” una sinfonia composta da Schubert quarant’anni prima e sino ad allora rimasta ineseguita. Nessuno dei presenti immaginò, all’epoca, come quel concerto fosse un evento, o tanto meno comprese appieno il valore di quella musica. Fatto sta che quella sera, d’improvviso, un’anonima sinfonia in si minore in soli due tempi era diventata l’Incompiuta di Schubert…
Beethoven impiegò quattro anni per dare veste definitiva alla Quinta Sinfonia, attraverso rifacimenti e innumerevoli ripensamenti. “Ecco il destino che batte alla porta”: una lunga tradizione vuole che Beethoven si sia espresso così, riferendosi all’’attacco della sinfonia, con le quattro note lapidarie e scultorie. Attraverso il passare del tempo, la Quinta si è imposta nel sentire comune come la più rappresentativa fra le sinfonie di Beethoven, quella che meglio esemplifica i tratti della personalità dell’autore, riassumendone l’identità tra artista e uomo. Convinzione, questa, che è certamente legata a un’immagine idealistica del Beethoven titanico, sublime e grandioso e che ignora l’elemento del gioco, dello scherzo, altrettanto presente nel sinfonismo del compositore.
L. V. Beethoven – Coriolano, ouverture in do minore, op. 62
F. Schubert – Sinfonia n. 8 in si minore Incompiuta D 759
L. V. Beethoven – Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
Lunedì 18 Febbraio 2019 – ore 20.30
Teatro Auditorium Manzoni – Via Dè Monari, 1/2 (Bologna)
(Foto: ©Marco Caselli Nirmal)
05/11/2018
Il concerto solistico dedicato al violino fu concepito da Pëtr Il’ič Čajkovskij alla fine di uno dei periodi più fecondi della creatività del compositore; egli, infatti, non ancora quarantenne, aveva concluso, nell’arco di un triennio, il Concerto per pianoforte in si bemolle minore, il balletto Il lago dei cigni, la Quarta Sinfonia e l’opera Evgenij Onegin.
11/12/2018
Edvard Grieg contribuì in modo essenziale alla conoscenza e alla diffusione, in Europa, della musica popolare norvegese; egli fu esponente di spicco delle cosiddette Scuole nazionali che, nella seconda metà dell’Ottocento, costituirono l’elemento di novità principale della musica europea.
01/01/2019
Anche quest’anno si conferma un imperdibile appuntamento bolognese: il concerto di Capodanno della nostra Orchestra.
13/01/2019
Secondo il grande musicologo Alfred Einstein, il fatto che nella musica di Mendelssohn appaia frequentemente, nei movimenti allegri, l'indicazione “con fuoco”, oppure “appassionato” individua senz’altro un preciso gusto romantico;
18/02/2019
La vicenda di Coriolano, narrata da Plutarco nelle Vite parallele, aveva già ispirato, fra le altre, l'omonima tragedia di Shakespeare, autore carissimo a Beethoven.
25/03/2019
Nonostante Pëtr Il'ič Čajkovskij fosse un ottimo pianista, il pianoforte non fu mai al centro dei suoi interessi di compositore. Il concerto in si bemolle minore resta, dunque, l'unico lavoro pianistico entrato a far parte stabilmente dei capolavori del musicista russo;
15/04/2019
Omaggio a Gioachino Rossini Il giovane talento rossiniano si espresse già nel 1804 nelle Sonate a quattro: in tutto e per tutto dei quartetti per archi, seppure dall’organico insolito con un contrabbasso al posto della viola, furono composte per la comitiva di amici guidata proprio dal contrabbassista Triossi.
13/05/2019
Nel 1924 il giovane George Gershwin propose un brano stupefacente, osteggiato in pari misura col successo crescente che il pubblico gli decretava. Questo perché, per la prima volta, un musicista, proveniente dal mondo extra-colto, proponeva una composizione in cui si combinavano la tradizione classica e la musica jazz, ma anche il blues. Insomma, questo brano è una vera e propria commistione di generi (musica colta e musica di consumo) e culture (bianca e nera).
08/06/2019
Rossini davanti a un ritratto di Mozart scrisse: “Egli fu l'ammirazione della mia giovinezza, la disperazione della mia maturità, e la consolazione della mia vecchiaia”.