Riprendendo la citata lettera di Caikovskij alla baronessa von Meck, nel descrivere lo Scherzo dalla Quarta Sinfonia, egli afferma: «Il terzo tempo non esprime sensazioni definite, è piuttosto una successione di capricciosi arabeschi, quelle immagini inafferrabili che passano nella fantasia quando si è bevuto del vino e si avvertono i primi segni dell’ebbrezza. L’anima non è né gaia né triste.»
Lo Scherzo è una grande prova di virtuosismo per l’uso della tavolozza orchestrale. La prima parte è un inaspettato pizzicato dei soli archi finché un oboe interviene prepotentemente e un po’ sguaiatamente a interrompere questo divertissement. Inizia così il Trio, dove, come per dispetto, questa volta sono i legni a suonare senza gli archi. Qui, è come se apparisse un’allegra brigata di contadinotti un po’ alticci, mentre in lontananza risuona un corteo militare. Insomma, un guazzabuglio – sempre ordinatissimo, però – dove, come spiega ancora Caikovskij, «le immagini sono assolutamente sconnesse, come quelle che fluttuano nella mente allorché ci si addormenta. Non hanno nulla a che fare con la realtà, sono strane, selvagge, confuse.»